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I primi resoconti scientifici che hanno usato il termine “addiction” facendo riferimento al cibo, e in particolare alla cioccolata, risalgono al 1890. Il termine “food addiction” (dipendenza da cibo) è stato però coniato solo nel 1956 da Theron Randolph per descrivere il consumo, simile a quello che si osserva nel disturbo da uso di sostanze, di alcuni alimenti come il mais, il frumento, il caffè, il latte, le uova e le patate.
Oggi l’attenzione si è spostata verso gli alimenti ricchi di zuccheri e grassi che, secondo i sostenitori del concetto di food addiction avrebbero proprietà che favoriscono lo sviluppo della dipendenza in alcuni soggetti vulnerabili.
Più recentemente è stato proposto che questi alimenti potrebbero essere implicati nello sviluppo dell’obesità e di alcuni disturbi dell’alimentazione che si caratterizzano per la presenza di ricorrenti episodi di abbuffate.
Secondo il modello della food addiction gli episodi di alimentazione in eccesso sono il risultato di un processo fisiologico sotteso, equivalente a quello responsabile dell’alcolismo. Le persone con food addiction sarebbero biologicamente vulnerabili a certi alimenti (zuccheri e grassi) e, diventando dipendenti da essi, sarebbero incapaci di controllare la quantità della loro assunzione. Poiché la vulnerabilità è determinata biologicamente, ne consegue che chi è affetto da “food addiction” non può mai guarire, ma piuttosto deve imparare ad accettarla e ad aggiustare la sua vita per poterla gestire.
Non c’è comunque accordo tra i sostenitori di questo modello, se esso sia una dipendenza da una sostanza (come il disturbo da uso di alcol) o una dipendenza comportamentale (come il disturbo da gioco d’azzardo).
Definire la “food addiction” con gli stessi criteri del disturbo da uso di sostanze è controverso: infatti, a differenza delle sostanze stupefacenti o del gioco d’azzardo, il cibo e l’atto del mangiare sono essenziali per la sopravvivenza degli esseri umani.
Nell’ambito dell’alimentazione, il comportamento che fa ipotizzare una dipendenza dal cibo è l’abbuffata. Gli episodi di abbuffata e l’uso di sostanze hanno molte caratteristiche in comune, ma altrettante differenze.

Alcune similitudini sono:

  • il craving (desiderio intenso)
  • la sensazione di perdita di controllo
  • l’uso del comportamento per mitigare la tensione e le emozioni negative
  • il tentativo di mantenere il problema segreto
  • la persistenza del comportamento nonostante i suoi effetti

Ma esistono anche importanti differenze:

  • Le persone con disturbi dell’alimentazione cercano costantemente di evitare l’episodio di abbuffata. Avviene il contrario nel disturbo da uso di sostanze, in cui una delle maggiori difficoltà è motivare le persone a evitare l’uso di sostanza.
  • Le persone che si abbuffano spesso adottano una dieta ferrea per perdere peso, che aumenta però la vulnerabiltà a episodi di abbuffata. Al contrario, quelle con disturbo da uso di sostanze e di alcol non sono vulnerabili all’abuso della sostanza quando cercano di non assumerla.

Il disturbo da binge eating (disturbo da alimentazione incontrollata) è causato dall’interazione di numerosi fattori di rischio sociali e psicologici, non esclusivamente relati alla nutrizione. Questo indicherebbe che gli episodi di abbuffata sarebbero più una modalità usata per modulare le emozioni negative e lo stress piuttosto che la conseguenza della dipendenza nei confronti del cibo.
Negli individui con obesità che mangiano in eccesso per gratificarsi non è necessario adottare il modello della food addiction per spiegare il loro comportamento, in quanto esso può derivare dal “processo di apprendimento di abitudini” non innate, che si sviluppano attraverso processi edonici normali, in un ambiente alimentare denso di energia e culturalmente permissivo.
Utilizzare in modo allargato e onnicomprensivo la parola “addiction” potrebbe indurre la maggior parte delle persone ad affermare di essere dipendente da qualcosa.
Un obiettivo prioritario, che prescinde dall’esclusione del modello della food addiction nella genesi e nel mantenimento dei disturbi dell’alimentazione e dell’obesità, dovrebbe essere l’attuazione di interventi di salute pubblica, tali da creare un ambiente che permetta di adottare un’alimentazione salutare e uno stile di vita attivo!!!

Articolo apparso sulla Gazzetta di Parma il 25 luglio 2018

Dott.ssa Lorella Fornaro
Psicologa e Psicoterapeuta
Responsabile del Centro Aidap di Parma
Specialista nella cura dei Disturbi dell’Alimentazione e dell’Obesità

La foto è di rawpixel on Unsplash